Il Belfast Agreement ha messo in pausa la guerra civile nell’Irlanda del Nord, le strade segnate da decenni di violenze sono diventate una meta turistica e sono nati i Political Tours, percorsi dai nomi eloquenti: Bombs and bullets tours o Doom and gloom tours. I murales della “long war” sono l’attrazione più gettonata.

I mitici guerrieri ricoperti di bronzo delle saghe di Ériu oggi vestono jeans e tute paramilitari.
Sono venuta a lavorare a Belfast perché l’inglese è la mia più grande passione e perché sono attratta dalla lingua irlandese, purtroppo però anche qui, sull’isola verde, l’antica lingua gaelica sta scomparendo dal parlato quotidiano per consegnarsi quale reperto archeologico agli studiosi del passato. Nelle città si parla inglese e il gaelico sopravvive solo in limitati ambiti rurali. Eppure l’Irlanda, che i Romani non hanno conquistato, è l’unico paese che è riuscito a conservare il proprio patrimonio mitologico gaelico: trasmesso oralmente fino all’epoca dei monaci cristiani, questi l’hanno messo per iscritto inquinandolo solo marginalmente e oggi quelle pergamene costituiscono l’unica testimonianza diretta dell’antica civiltà Celta in Europa. Pensavo quindi che il primo contatto con i residui di quella cultura sarebbe avvenuto attraverso la lingua e la letteratura, o la musica per esempio, e mai avrei immaginato che la specificità irlandese mi si sarebbe presentata innanzitutto tramite i segni della recente guerra civile. Non avevo messo in conto la storia politica del paese: l’Irlanda del Nord non è l’Irlanda e Belfast non è Dublino. Nel centro di Belfast la comunità si divide in aree d’influenza e quartieri contrapposti, separati da muri, barricate e filo spinato: Nazionalisti contro Unionisti, Repubblicani contro Lealisti, Cattolici contro Protestanti. I Repubblicani vogliono riunire le sei contee dell’Irlanda del Nord all’Irlanda, i Lealisti si oppongono e vogliono continuare a essere sudditi della Corona. Nei quartieri nazionalisti dominano i colori verdi, bianchi e arancio e in quelli unionisti i rossi, i bianco e i blu. L’elemento visivo dirompente per chi entra in città sono sicuramente i murales della “long war”; l’identità gaelica si è così manifestata sotto forma di immagini di scontri fra uomini armati, di esplosioni di bombe, di martiri ed eroi, di vittime. Decido di immergermi in questo mondo diviso e salgo su un Black Taxi.

IL SORRISO DI BOBBY SANDS
La West Belfast Taxi Association organizza visite guidate che iniziano sotto il murale in cui Bobby Sands (militante repubblicano morto nella prigione di Long Kesh nel 1981 a seguito di due mesi di sciopero della fame) si rivolge ai compagni con parole amare: “Our revenge will be the laughter of our children” [La nostra rivincita sarà il sorriso dei nostri figli].

Il taxi procede lento lungo le strade delle bombe e dei proiettili, del dolore e della morte. Una pioggia di colori inonda le pareti esterne delle piccole industrie di Falls Road, sono murales di solidarietà con altri gruppi in lotta per l’indipendenza nazionale, baschi, curdi, palestinesi. Il volto di Che Guevara e la riproduzione del Guernica si alternano a immagini del conflitto e ai colori della Repubblica. Sostando con le quattro frecce accese sul lato destro di Falls Road l’autista racconta la storia della guerra a bassa intensità e l’origine del muro, mostra i punti in cui i disordini ebbero inizio e i siti degli scontri violenti, i luoghi degli omicidi e i piccoli memoriali con nomi incisi in oro nel granito nero. Giungiamo a un memoriale, il Garden of Remembrance. Nomi incisi nel granito nero. Silenzio. Non lontana c’è una panchina. Immagino che su quella panchina si siano sedute persone con la testa tra le mani; le madri delle vittime, i padri degli eroi caduti, i compagni di lotta. Alla fine di Falls Road c’è il “Peace Wall”, il muro lungo quattro chilometri che da oltre quarant’anni divide a metà la zona occidentale della città, con tanto di cancelli alla Checkpoint Charlie. Fra centinaia di citazioni, ve n’è una del Dalai Lama: “Open your arms to change, but don’t let go of your values” [Abbraccia il cambiamento, ma non dimenticarti dei tuoi valori].



LA MINACCIA DEL CECCHINO
Superato il checkpoint si entra nel quartiere protestante. La scena cambia totalmente: niente più messaggi concilianti, gli stemmi delle forze paramilitari occupano la scena e si respira un clima cupo. I murales lealisti di Shankill Road sfoggiano uomini armati, sguardi minacciosi, aggressività. Uno dei più famosi murales, Il cecchino è stato ricoperto, era famoso perché là in alto, sul muro, un paramilitare lealista con il volto coperto dalla balaclava teneva sotto tiro l’osservatore con il fucile. Una riproduzione del Cecchino è esposta in una cornice sul lato destro della parete, mi accorgo che pur cambiando posizione sono sempre nel mirino del cecchino. Gli stemmi e le sigle delle organizzazioni paramilitari e dei partiti lealisti si susseguono fino all’imbocco di Crumlin Road. Siamo in prossimità di The Crum, la tetra prigione delle esecuzioni capitali. Il gelo si arrampica sulla schiena. Il tour si conclude presso il Crown Bar, punto di incontro dei Repubblicani, più volte bersaglio di azioni degli unionisti.



I Political Tour sono una nuova frontiera del turismo globale. Se Auschwitz e le Fosse Ardeatine sono stati - insieme ai molti altri della seconda guerra mondiale - meta di pellegrinaggio nei luoghi della barbarie, modo per toccare con mano l’orrore, per guardarlo negli occhi affinché non si ripeta più, gli odierni Political Tour sono qualcosa di ambiguo, i gruppetti di turisti con il cellulare in mano intenti a scattare selfie sui marciapiedi di Belfast hanno un che di inquietante. Ma anche qui, in queste strade, su questi marciapiedi, fra queste piccole case di mattoni rossi tipiche del proletariato inglese degli anni Cinquanta, lungo questo muro oscuro, anch’esso rosso, è scorso il sangue, quello vero, quello delle ferite che fanno male davvero, quello che sgorga quando un proiettile ti colpisce.
Giorgia Nozza Bielli

Il Belfast Agreement, più noto come Accordo del Venerdì Santo, ha messo in pausa la guerra civile, ora i vicoli segnati da decenni di violenze sono una meta turistica e sono nati Political tours dai nomi eloquenti: Bombs and bullets tours o Doom and gloom tours.
I murales della “long war” sono l’attrazione più gettonata. I dipinti sui muri di Belfast sono stati un mezzo importante di protesta e di denuncia, di commemorazione dei passaggi storici della lotta e di gestione degli eventi luttuosi. I grandi dipinti sui muri marcavano il territorio, erano strumento di elaborazione dell’identità e della memoria collettiva, di propaganda politica. Il governo nordirlandese ne è consapevole e tende infatti a sostituirli con nuove figurazioni dedicate alla tregua, si dice che la nuova generazione di Writers voglia usare i murales per unire e non per dividere, ma, se da un lato, nei quartieri cattolici nazionalisti e specialmente in Falls Road, sono comparsi alcuni messaggi concilianti, dall’altro i disegni dei protestanti esprimono ancora aggressività. In via Shankill Road permangono immagini di uomini armati e gruppi paramilitari, frasi come “Where is our justice?” [Dov’è la nostra giustizia?] riferite a immagini di esplosioni in locali affollati che denotano come i lealisti in realtà non riescano ad accettare gli accordi del Belfast Agreement. Non a caso ogni anno nel mese di Luglio durante le parate dell’Orange Order, le celebrazioni che ricordano la vittoria del re Guglielmo III durante la battaglia di Boyne nel 1690, gli unionisti irrompono con la forza nei quartieri nazionalisti per dimostrare che la loro determinazione non si è affievolita con il Belfast Agreement. Se alcuni murales sono stati cancellati per volontà politica altri sono andati perduti a causa dell’intensa attività edilizia degli ultimi due decenni.
I Black Taxi, che a partire dagli anni Settanta sono stati per molti anni l’unico mezzo sicuro per tornare a casa dal centro senza rischiare di rimanere coinvolti in un qualche attacco, si sono presto convertiti ai “tours” nei punti “caldi” della guerra a bassa intensità e nei ghetti della working class, in cui la disoccupazione si innalza tutt’oggi sopra il 50%. Esiste anche un murale che celebra i taxisti e i loro morti. I turisti vengono così trasportati lungo le strade dei disordini [The Troubles] in base al budget e si organizzano visite collettive per contenere i costi. I Political Tours nei quartieri cattolici sono promossi perfino dall’associazione degli ex detenuti politici.
Per informazioni sui Black Taxi Tour:
www.taxitrax.com
www.niblacktaxitours.com
www.nationalgeographic.it
theculturetrip.com
L’Undicesima Notte
Nella notte dell’11 luglio, nell’Irlanda del Nord, si accendono immensi falò (o bonfire in inglese), i membri delle comunità protestanti e gli orangisti iniziano ad accatastare la legna settimane prima. L’Ordine di Orange è nato dopo la vittoria di Guglielmo III su Giacomo VII, l’ultimo re cattolico delle sei contee settentrionali dell’isola, nella battaglia di Boyne nel 1690. L’Undicesima Notte è ora una festa unionista che di fatto celebra il dominio del Regno Unito sull’isola d’Irlanda e che ogni anno genera aspre critiche a livello mondiale: nei falò, alti fino a trenta metri, vengono bruciati simboli cattolici e nazionalisti. Successivamente gli unionisti più estremisti si dirigono verso i quartieri nazionalisti con intenti provocatori, la violenza divampa inevitabilmente e la polizia deve intervenire per sedare risse e sommosse.