In fondo al sentiero numeri che fanno vacillare.

Siamo passati talmente vicino a quell’albero che, avrei scommesso, potevamo incastrarci. Ancora non mi capacito di come siamo finirti in questa stradina troppo stretta per un camper; sicuramente non è il percorso più indicato per arrivare a Saint Lauren Sur Mer. Non usiamo il navigatore come qualsiasi persona del XXI secolo perché il mio compagno di avventure è irremovibile su questo punto: dobbiamo orientarci alla vecchia maniera e tocca a me decifrare l’enorme cartina del nord-est della Francia che ho tra le mie mani. Alla fine arriviamo nel parcheggio del cimitero commemorativo americano di Omaha Beach con il veicolo illeso.

Superando il metal detector mettiamo piede in territorio americano (70 ettari concessi dalla Francia agli Stati Uniti) ed entriamo nel museo.

Il 6 giugno del 1944 gli Alleati sbarcarono in Normandia con l’obiettivo di liberare la Francia dai Nazisti e di avanzare verso la Germania. Prima dell’alba varie Divisioni aviotrasportate furono paracadutate in prossimità delle spiagge designate e alle 6:30 sei Divisioni (statunitensi, britanniche e canadesi) incominciarono a sbarcare sulle spiagge che ora hanno preso il nome di Omaha, Utah, Gold, Juno e Sword. Il più grande assalto anfibio della storia rischiò di fallire proprio qui, a Omaha Beach, tali furono le perdite subite dalle truppe americane che le hanno valso il triste soprannome di Bloody Omaha. In meno di una settimana le truppe alleate congiunsero le teste di sbarco e avanzarono verso l’interno, il mostro fascio-nazista, già incalzato dall’Armata Rossa sovietica sul fronte orientale, aveva i giorni contati.


Camminiamo fra 9387 lapidi bianchissime nel verde di un prato all’inglese. Oltre le lapidi i muri incisi con i nomi dei dispersi. Il numero dei morti va oltre le mie capacità di immaginazione, fa vacillare. Sulla spiaggia tolgo le scarpe, voglio sentire la sabbia, voglio sentire le onde.
[Grazia Bonacina]
