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MoPOP, il tempio del rock

Il centro culturale di Seattle raccoglie i più bei cimeli della storia del rock.

Il MoPOP Di Seattle a partire dal 25 novembre scorso ha ospitato una collezione temporanea di alcuni ricordi del grande chitarrista Jimi Hendrix, rendendo accessibili interviste e foto reportage fino ad allora sconosciuti al grande pubblico. 

Seattle Museum
© Mete di Arioli | tutti i diritti riservati

Il tempio del rock.

A Seattle, ai numeri 1 e 2 di Pike Street, ci si imbatte in un edificio davvero insolito, le cui forme sembrano essere state modellate dal vento: è il capolavoro dell’architetto decostruttivista Frank O. Gehry. A differenza di altre realizzazioni del famoso architetto, qui il protagonista è il colore: i volumi della struttura sono ricoperti di un velo di lastre metalliche colorate iridescenti che riflettono lo skyline della città; una di queste si solleva da terra per inghiottire il binario sospeso di un tram. Nato come museo in memoria di Jimi Hendrix, grazie al desiderio di Paul Allen (cofondatore della Microsoft) di esporre la chitarra in suo possesso che Jimi Hendrix suonò, e bruciò, nella leggendaria performance di Woodstock nel 1969, il MoPOP è presto diventato un centro culturale innovativo, per questo ha spesso cambiato nome.

Emp Museum Seattle
© philstyle | Flickr

Il centro ospita una importante galleria permanente sul Seattle Sound, ma anche sezioni dedicate alla Science Fiction, alla Game Revolution e alla realizzazione di Star Trek, più altri spazi espositivi che celebrano la cultura popolare contemporanea degli States. Grazie alle tecnologie interattive e ai nuovi programmi educativi la vasta esposizione affascina e coinvolge tutte le generazioni. Alla musica è dedicato un lungo percorso che conduce all’esplorazione di strumenti testimoni dell’evoluzione musicale dell’ultimo secolo. Si contano 236 chitarre tra cui quelle di Orville Gibson, Leo Fender, Les Paul, e quelle dei musicisti del calibro di Bo Diddley, Dave Davies, Eddie Van Halen e Kurt Cobain.  

A Jimi Hendrix è dedicata un’intera sezione dell’edificio, la ‘Wild Blue Angel: Hendrix Abroad’.

Un’installazione immerge i visitatori in registrazioni vocali di Hendrix, per lo più interviste. La parte espositiva è stata arricchita a partire dal 25 novembre del 2017 con una mostra temporanea per quello che sarebbe stato il 70° compleanno dell’artista. Troviamo oggetti che l’artista ha custodito nonostante i molti spostamenti conseguenti alla crescita della sua fama. Jimi infatti restò rare volte nello stesso posto per più di un mese. Come bagaglio a mano usava uno zaino Royal Ambassador del servizio di prima classe della compagnia aerea Trans World Airlines; vi sono stati trovati oggetti davvero curiosi: lozioni per bambini, pettini, rasoi, aspirine, ma anche un match-book del Nagasako Super Market di Lahaina, Maui, Hawaii dove suonò il 30 Luglio del ’70.  

Jimi Hendrix Experience 1968
© Wikimedia | Pubblico Dominio

Il museo aiuta ad addentrarsi nella personalità della star fino a toccarne i lati più intimi, accompagnati dalle note delle sue canzoni più celebri e dalle annotazioni in matita nera contenute nel suo diario personale. Vi si trovano scritte sugli incontri con gli amici e sull’esperienza di vita di strada nel periodo adolescenziale quando, dopo la morte della madre e dopo essere stato espulso da scuola (probabilmente per motivi razziali), Jimi scappa di casa e inizia a vagabondare nelle strade di Nashville guadagnandosi da vivere suonando la chitarra che gli era stata regalata al suo dodicesimo compleanno. Aveva 16 anni. Si legge della sua decisione di aggregarsi a gruppi emergenti di rhythm and blues e di rock'n'roll, ma è chiaro come solo dopo aver prestato servizio militare come paracadutista prende la decisione di fare della musica la propria arte, e si trasferisce a New York.  

Life Callout

“Se nelle piantagioni di cotone avessero avuto le chitarre elettriche, le cose sarebbero cambiate molto più alla svelta”.

[Jimi Hendrix]