La Fondazione César Manrique era la straordinaria dimora dell’artista, dove le stanze sono bolle d’aria nella pietra lavica.

Una dimora bianca incastonata tra pietre di lava nera.
L’edificio che oggi ospita la Fundación César Manrique era la casa dell’artista, Taro de Tahíche, prima che si trasferisse ad Haría nell’ultima residenza abitata, anch’essa convertita poi in casa museo. Progettata da Manrique e da un gruppo di amici nel 1982, la Fondazione fu inaugurata nel marzo 1992. La dimora sorge 6 km a nord di Arrecife, appena fuori la cittadina di Tahíche. I 30.000 mq di proprietà si estendono su un campo di colata lavica riconducibile alle eruzioni vulcaniche verificatesi sull’isola tra il 1730 e il 1736. L’artista ha sempre proclamato l’amore per i paesaggi lavici tipici di Lanzarote e la sua residenza è un ardito gioco di camere ricavate nella roccia nuda. L’edificio si articola su due livelli, suddivisi in 1.800 mq di superficie abitabile e 1.200 mq di terrazze e giardini, più altri spazi di servizio e parcheggi.

Nella piazzetta all’ingresso della casa un’opera dell’artista canario, La energía de la pirámide, ricorda i mulini tipici di Lanzarote ed è mossa dal vento pressoché costante sull’isola.

“Per me, era il luogo più bello della Terra. E mi resi conto che, se fossero stati capaci di vederlo attraverso i miei occhi, allora l’avrebbero pensata come me”.
[César Manrique (24 aprile 1919, Arrecife - 25 settembre 1992, Tahíche)]
Apparentemente l’edificio può sembrare concepito secondo i canoni delle tipiche case bianche di Lanzarote, con l’intonaco a calce e le imposte verdi o blu. Tuttavia l’eccezionalità della costruzione stupisce non appena si varca il cortile di ingresso. L’architettura di Manrique dialoga costantemente con il paesaggio naturale circostante caro all’artista e per il quale si è impegnato profondamente nella salvaguardia e valorizzazione. Patii ricavati all’interno di muri di pietra lavica celano giardini meravigliosamente curati, con piante e fiori immersi nella tipica terra nera di Lanzarote.

Il rapporto con il paesaggio circostante è tangibile anche all’interno della casa. Nell’ampio atrio si possono ammirare opere della collezione di Manrique: alcune dell’artista stesso, altre di Picasso, Chillida, Mirò, Sempere e Tàpies.


Le finestre si aprono con ampie visuali sui campi di lava circostante. Le rocce aride della campagna di Lanzarote sembrano voler entrare nell’edificio e l’edificio pare volerle accogliere, in un continuo gioco di sguardi. L’occhio si perde all’orizzonte, dove svettano le cime dei vulcani del Parque Nacional de Timanfaya.

Stanze ricavate nelle grotte laviche.
Una scala a chiocciola scende solitaria nella pancia della casa. Tuttavia, per agevolare il flusso di visitatori, è stata costruita una scala esterna in basalto che conduce agli ambienti del piano interrato.
Le stanze sotterranee sono ricavate in grotte formatesi grazie a enormi bolle d’aria rimaste intrappolate nella colata lavica ai tempi delle eruzioni che sconvolsero l’isola. L’edificio è infatti costruito su cinque bolle vulcaniche naturali di grandi dimensioni. Contrariamente alle aspettative, le stanze sono illuminate dalla luce naturale, che entra da grandi apertura ricavate nel soffitto e viene riflessa dai pavimenti bianchi. Nell’architettura di Manrique il contrasto tra la pietra nuda e nera e i pavimenti bianchi e lisci è un tema ricorrente, riscontrabile anche in altre opere.
La prima bolla presenta una sorgente d’acqua, si passa quindi alla bolla bianca, per proseguire poi verso quella rossa. Passando all’aperto dal jameo della piscina, si giunge alla bolla nera e, dopo averla attraversata, alla bolla gialla. Il colore degli arredi è in netto contrasto con il bianco del suolo e il nero delle pareti. L’arredo e i complementi hanno un sapore estremamente contemporaneo, che contrasta con l’aspetto rustico della pietra lavica e delle piante che spuntano dal pavimento. Le sale sono collegate tra loro da angusti cunicoli.




Il jameo esterno.
Uscendo dalle spettacolari camere si giunge al meraviglioso jameo, espressione tipica canaria per indicare una cava naturale, parte di un tubo vulcanico il cui tetto si è sfaldato rimanendo così allo scoperto. La stupenda piscina ricavata nella pietra lavica è un altro elemento architettonico ricorrente nelle opere di Manrique. Il rivestimento bianco della vasca è un continuum col pavimento ed esalta il colore cristallino dell’acqua, contrastando nettamente con le rocce scure tutt’attorno. Il jameo è attrezzato con un tavolo e il barbecue per le feste all’aperto. Fresche piante e una vegetazione lussureggiante incorniciano questo spazio unico.



Il suggestivo giardino esterno.
Tornando in superficie la fondazione riserva un’altra sorpresa: un bellissimo murales, eseguito tra il 1991 e il 1992, fa da sfondo ad un giardino con una vasca d’acqua. Le linee del mosaico sono state tracciate con pietra vulcanica, mentre le tessere del disegno sono in maioliche colorate.

Dal
punto di vista architettonico, Taro
de Tahíche spicca per la sintesi armonica tra una concezione moderna
dello spazio e la tradizione costruttiva popolare di Lanzarote.
L’edificio dialoga costantemente con la natura, in un rapporto di
rispetto permanente, compiendo appieno il binomio
arte-natura/natura-arte caro all’artista.
Nel settembre 1992, a pochi mesi dall’apertura al pubblico della Fondazione, Manrique perse tragicamente la vita in un incidente stradale a pochi metri dalla Fondazione.
La memoria dell’artista è ancora vivissima negli abitanti dell’isola, grazie alle preziose opere che ha lasciato e al suo impegno nella conservazione del patrimonio architettonico tradizionale di Lanzarote e nella salvaguardia e valorizzazione delle sue bellezza naturali.