Lanzarote è costellata da centinaia di crateri vulcanici che hanno plasmato l’eccezionale paesaggio dell’isola.
L’isola dei vulcani.
Addentrandosi nel Parque Nacional de Timanfaya, si può immaginare di fare un viaggio su Marte. Le desolate distese di lava sono accese di ocra, rosso, nero e la suggestione è tale da sembrare di camminare su un altro pianeta.
Ogni giorno i crateri eruttavano 48 milioni di metri cubi di lava.
Lanzarote fu la prima delle isole Canarie ad arrendersi al conquistatore francese Jean de Béthencourt che sbarcò nel 1402, fungendo poi da base spagnola per la conquista dell’arcipelago. Le razzie dei pirati provenienti dalla costa africana e i conquistatori, che vendettero come schiavi gli abitanti dell’isola, decimarono la popolazione, che alla metà del 1600 contava circa trecento persone.
A queste sventure si aggiunse poi la furia della natura: a partire dal 1 settembre 1730 e fino al 1736 una successione di potentissime eruzioni vulcaniche, tra le più disastrose mai conosciute, cambiò per sempre il paesaggio dell’area meridionale di Lanzarote, distruggendo interi paesi e coltivazioni.
Le Montañas del Fuego sono il cuore dei 51 kmq di parco, dove il suolo è rovente, brullo e arido e il vento sembra un alito caldo proveniente dalle viscere della Terra. Presso il punto panoramico dell’Islote de Hilario, a pochi centimetri sotto la superficie la temperatura del suolo è di 100°C e a dieci metri è di ben 600°C, a causa di una camera di magma incandescente situata a 4 km di profondità. Da una secchiata d’acqua versata nel terreno può scaturire in pochi secondi un potentissimo geyser.
Lava nerastra, strisce di roccia rosse e gialle, polvere, massi invalicabili e scarsissima vegetazione: un paesaggio a dir poco surreale, eppure a colpire di più è il pacifico silenzio di questi luoghi.
"Il piacere profondo, ineffabile, che è camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento, risalire un pendio difficile e guardare dall'alto il paesaggio nero, scorticato, togliersi la camicia per sentire direttamente sulla pelle l'agitarsi furioso dell'aria, e poi capire che non si può fare nient'altro, l'erba secca, rasente al suolo, freme, le nuvole sfiorano per un attimo le cime dei monti e si allontanano verso il mare, e lo spirito entra in una specie di trance, cresce, si dilata, manca poco che scoppi di felicità. Che altro resta, allora, se non piangere?"
[Da Quaderni di Lanzarote di José Saramago (16 novembre 1922 Azinhaga, Portogallo – 18 giugno 2010 Lanzarote, Spagna), scrittore e premio Nobel portoghese che dal 1993 aveva scelto di vivere a Tias, sull'isola di Lanzarote]
All’interno del Parco è possibile anche visitare il Centro Visitatori del Timanfaya, per scoprire di più sulla storia geologica dell’isola e sul suo passato di eruzioni vulcaniche. Muovendosi sulla passerella esterna, sospesi sopra ad aspre e spigolose rocce laviche, ci si può rendere conto di quanto sia stato difficile per gli abitanti dell’isola ricostruire strade e paesi su quel terreno reso indomabile dalla furia della natura.
La straordinaria eredità di César Manrique.
La bellezza dei maggiori siti di interesse dell’isola, come il Parque Nacional de Timanfaya, è stata enfatizzata dall’intervento del più celebre artista isolano, César Manrique, nato ad Arrecife il 24 aprile 1919 e morto nel 1992 in un tragico incidente stradale proprio sull’isola. Artista, architetto e urbanista, Manrique è il personaggio che più di tutti ha influenzato, preservato e valorizzato la splendida isola canaria, facendo comprendere la sua unicità e il suo valore a tutti gli abitanti.