Nell’estremo nord dell’Irlanda, dove le lande verdi della penisola di Inishowen si tuffano un’ultima volta nell’oceano, c’è un luogo selvaggio sferzato dal vento, è Capo Malin.

Inishowen
La Wild Atlantic Way ci fa viaggiare in uno dei luoghi più spettacolari d’Europa: la costa atlantica d’Irlanda. La strada parte da Derry e, prima di dirigersi a sud, in direzione di Kinsale, risale la costa est della penisola di Inishowen, fino all’estremità nord dell’Isola di smeraldo.

Se i colori d’Irlanda sono intensi, quelli di Inishowen assumono intensità abbacinanti. La sabbia dorata di Five Finger Strand brilla fra il verde traslucido dell’erba e il blu elettrico dell’acqua con forza cromatica tale da deprimere un fotoshoppista incallito. Le distese di erba sono macchiate dal blu ora vivace ora metallizzato dei placidi loughs. Nell’autunno avanzato poi, e fino all’inizio della primavera, il cielo di Inishowen regala eccezionali aurore boreali, emozioni psichedeliche che fanno arrivare ogni anno astronomi e appassionati da tutto il mondo.

L’andamento aspro e montuoso delle coste nel resto del Donegal lascia qui il posto a lande dolcemente ondulate che raggiungono l’oceano con amene spiagge popolate da uccelli marini come la baia di Kinnego, di Culdaff, di Tullagh e di Pollan. Non mancano tuttavia scogliere maestose come quelle di Malin e di Dunaff e tra i flutti non è raro avvistare il passaggio di orche e delfini (Nel 1991 le acque d’Irlanda sono diventate area protetta per balene e delfini). La parte centrale della penisola è piuttosto desolata e segnata da rilievi aridi, paludi e torbiere.

Malin Head
Capo Malin, dal nome del villaggio che lo precede, è l’estremità nord dell’isola, il punto dove il manto verde della penisola di Inishowen si tuffa un’ultima volta nel blu profondo dell’oceano, dove il vento gelido sferza i volti di coloro che si spingono fin qui a scrutare l’orizzonte. Dal fondo della scogliera risalgono i fragori delle onde che si schiantano contro le rocce. Sul manto verde e brullo del promontorio è adagiata una grande scritta: EIRE, il nome Gaelico dell’Irlanda. Quattro semplici lettere realizzate con pietre bianche (durante la seconda guerra mondiale nel tentativo di segnalare agli aerei l’inizio di un paese neutrale) che marcano l’estremo nord occidentale delle terre in cui si parlano lingue discendenti da quella degli antichi Arii, gli Indoeuropei, l’altro estremo, quello sud orientale, si trova dall’altra parte del globo ed è Aryavarta, quella che noi chiamiamo India. Aryavarta significa "la terra degli ariani", esattamente come EIRE.
Questo nome ancestrale, emana tutto il suo fascino quando si raggiunge il punto più alto del promontorio: Banba’s Crown (la Corona di Banba, una regina precristiana). Da Banba’s Crown lo sguardo vaga nel verde della penisola di Malin o nel blu delle onde, a nord, verso l’isolotto di Inishtrahull. Se la giornata è limpida, in lontananza, spuntano le isole scozzesi Jura ed Islay.
La torre dall'Admiralty
Sul promontorio di Capo Malin un’antica torre quadrata dal vago aspetto militare protende inutilmente i suoi balconcini per le vedette. Costruita nel 1805 dall'Admiralty britannica si erge ora contro il vento come un simbolo di futilità degli eventi bellici. Con la sua fatiscenza, l’intonaco umido e scrostato, la muffa e le porte sfondate partecipa all’atmosfera nostalgica da fine del mondo conosciuto.

Il fascino selvaggio del promontorio deve aver ispirato il nome dell'Hell's Hole (Buco dell'Inferno), una grotta raggiungibile tramite un sentiero che s’inerpica sulle scogliere, e del Devils' Bridge (Ponte del Diavolo), un suggestivo arco naturale.

Lo scenario suggestivo di Malin Head ha attratto anche Rian Craig Johnson, il regista di Star Wars VIII, che ha voluto ambientarvi alcune parti del film.